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Namibia da vivere: magia tra deserto e Safari
Vivere un’esperienza in Namibia era uno dei sogni irrealizzati miei e e di mio marito, ecco perché abbiamo deciso di organizzare il nostro viaggio di nozze proprio in questa magnifica terra. Quello in Namibia ha fama di essere un viaggio particolarmente caro, e non voglio illudervi che non sia così, è anche vero però che molto dipende da come lo si organizza, dalle strutture che si scelgono, se si è disposti e abituati a vivere anche mete impegnative in tenda… Insomma, in questo post vi parlerò del nostro itinerario e delle strutture che abbiamo avuto la fortuna di scoprire noi, nulla vieta però di trovare delle formule più low cost.
Namibia: guida o viaggio in autonomia?
Quando abbiamo iniziato ad organizzare il viaggio di nozze ci siamo posti questa domanda più volte, alla fine ha prevalso da un lato la voglia di rilassarsi/riposarsi (per quanto possibile ovviamente, ma alcuni tragitti sono davvero lunghi e impegnativi anche da passeggero!), oltre al fatto che la formula verso cui eravamo maggiormente orientati prevedesse non solo una semplice guida o autista, ma una figura esperta del Paese che ricoprisse entrambi i ruoli. A mio parere si è rivelata una scelta vincente, perché se non ci fosse stata lei (sì, era una lei!), ci saremmo persi molti racconti, spiegazioni, spaccati di vita quotidiana. Girare una meta del genere senza qualcuno che sia perfettamente in grado di raccontartela, a mio parere, toglie moltissimo all’esperienza.
Itinerario Namibia: da Windhoek al deserto del Kalahari (e ritorno)
La nostra avventura è partita da Windhoek, forse sarebbe meglio dire che sarebbe dovuta partire da qui, perché purtroppo una serie di sfortunate coincidenza con i voli in ritardo ci hanno fatto arrivare a destinazione quasi a mezzanotte, perdendo di fatto tutto il primo giorno e dunque anche la possibilità di visitare la capitale della Namibia. I nostri compagni di viaggio, in ogni caso, ci hanno tenuto a rassicurarci di non esserci persi nulla di eclatante. Diciamo che questa città, rispetto al resto del Paese, non offre effettivamente nulla di particolarmente “eccitante” da visitare e moltissimi turisti, se non tutti, la usano effettivamente come mera base di partenza, per la presenza dell’aeroporto e la possibilità di qualche rifornimento e del noleggio delle auto e dei fuoristrada. Così il nostro vero viaggio è partito direttamente al secondo giorno, montati sulla Toyota di buon mattino, destinazione Mount Etjo (circa 200 km – NB: quando vi parlo di chilometraggi e non vi sembrano eccessivi tenete conto che la maggior parte delle strade in Namibia non sono asfaltate e che le velocità di crociera sono di conseguenza molto più ridotte del normale, oltre al rischio “gomma bucata”, spesso dietro l’angolo. Inoltre difficilmente incontrerete aree di sosta, bar, bagni pubblici ecc. Quindi prima di ogni partenza in auto fate tutti i rifornimenti del caso). Mount Etjo è una delle tante riserve private della Namibia, noi abbiamo fatto il check-in allo splendido Mount Etjo Safari Lodge **** e ci siamo goduti subito un pranzo locale e un po’ di relax e riposo nello splendido giardino del Lodge, già da qui è possibile iniziare a sbirciare i primi animali che popolano gli immediati dintorni. Immaginatevi la sorpresa di fare ciao ad una giraffa direttamente all’ingresso e di avere come vicini di pranzo un gruppo di adorabili fenicotteri. Il primo impatto con la natura e con una riserva privata ci ha fatto emozionare e ci ha dato la dimensione di quanto sarebbe poi emerso in modo prepotente nelle ore a venire e nei giorni a venire: vivere nel nostro mondo occidentale ci fa spesso dimenticare quanto la natura, e i suoi abitanti, siano di fatto incredibili.
Intorno alle 16.30 si parte per il nostro primo Safari, alla guida del mezzo un ranger esperto, e, inizio a dirvelo, in un Safari i ranger fanno davvero la differenza, in primis per la capacità di riconoscere movimenti e segni lasciati dagli animali, in secondo luogo per le spiegazioni che sapranno darvi e le indicazioni corrette su cosa fare e non fare, persino un semplice click della macchina fotografica o un distratto colpo di tosse, potrebbero rovinare un tanto agognato avvistamento. Ecco perché è importante stare in silenzio, imparare ad ascoltare e cercare di “fondersi” con ciò che si ha attorno.
Ed è così che già dopo pochi minuti di percorso ci siamo imbattuti in una giraffa e poco più avanti in una intera famiglia di elefanti. Mi si è bloccato il respiro a vedere il primo passarmi a pochi centimetri dall’obiettivo della macchina fotografica. Fin da piccoli siamo abituati ad immaginarci gli animali africani, ne abbiamo visti a centinaia nei documentari, nei film, nei libri… ma nulla può valere l’esperienza di trovarsi di fianco ad un elefante in carne e ossa. Tanta carne e tante ossa. Il safari è proseguito tranquillo, ci siamo fermati anche per una birra veloce vicino ad uno specchio d’acqua in cui gli ippopotami nuotavano con aria svogliata, e sulla via del ritorno abbiamo avuto L’INCONTRO. Il re della Foresta infatti ha deciso di fare gli onori di casa, e dunque un magnifico Leone ci è venuto incontro, ruggendo come se fossimo le sue prede (in realtà, come ci è stato spiegato, era periodo di accoppiamento e lanciava semplicemente un richiamo per le leonesse).
Dopo tutta questa adrenalina una cena rinfrancante intorno al fuoco, qualche chiacchiera con altri turisti e via a nanna. In Namibia la mattina ci si alza prestissimo e si parte presto, non solo per i tanti chilometri che si hanno da percorrere, ma anche, per quanto possibile, per evitare le ore più calde della giornata. Infatti, per quanto fosse Agosto che in Namibia significa pieno inverno, di giorno le temperature possono tranquillamente superare i 30 gradi, mentre la mattina presto e la sera scendono anche abbastanza drasticamente rendendo obbligatorio un abbigliamento a strati sempre a portata di mano.
La mattina successiva si rimonta sulla Toyota, è un giorno importante perché la meta è il celeberrimo Etosha National Park dove arriveremo per ora di pranzo e dove potremo fare il primo Safari nel pomeriggio. Sono circa 470 km di viaggio, e qui iniziamo davvero a renderci conto di quanto sia impegnativo guidare, farsi compagnia (e cercare di stare svegli!), quando davanti a te hai una distesa di nulla, il sole a picco e tanta sabbia. L’arrivo all’Etosha, sbrigate le formalità di ingresso, ci consente un rapido pranzo e una presa di coscienza sulla vastità del parco. Vi chiederete, ci sono tante auto e tanti turisti? Mediamente sì, ma il parco è talmente enorme e prevede talmente tante strade da poter percorrere che non è davvero detto li si incontri facilmente. Anche in questo pomeriggio abbiamo avuto degli incontri ravvicinati con famiglie di elefanti (una, in particolare, era un branco intero intento a fare un bel bagno di fango e polvere accanto ad uno degli specchi d’acqua del parco), in aggiunta a zebre, giraffe, gnu, antilopi, kudu…
Ė già quasi tramontato del tutto il sole quando facciamo check-in all’Etosha King Nehale Lodge **** (uno dei Lodge più belli di tutta la vacanza). Io e Ale troviamo in camera tantissimi regali per noi honeymooners e la serata scorre tra un buffet tradizionale, danze e coro tradizionale che viene anche al nostro tavolo per dedicarci una canzone d’amore che, ci spiegano, si usa per festeggiare gli sposi (ho un video in cui cerchiamo di battere le mani a ritmo paralizzati dall’imbarazzo, ma direi che ve lo risparmio).
La mattina successiva è di nuovo check-out e sveglia all’alba per entrare tra i primissimi nel Parco Etosha, il risveglio della natura mattutino è davvero incredibile e il primo incontro che faccimo è quello con una iena che finisce di fare a brandelli una zebra. Non si sa se l’abbia cacciata direttamente o se stia approfittando dei resti lasciati da un altro predatore, ma la scena è potente (e mi fa ricordare perché metaforicamente diamo della iena a qualcuno).
La mattina scorre tranquilla tra centinaia di avvistamenti, testa sempre fuori dalla Toyota, macchina fotografica carica e occhi e bocca protetti dalla polvere, è il momento di dirigerci verso la prossima tappa, ovvero l’Etosha Heights Reserve (300 km), un’altra riserva privata, all’interno della zona Etosha, dove alloggeremo all’altrettanto splendido Etosha Mountain Lodge****. Un po’ di riposo e una lauta cena, il giorno successivo è tutto all’insegna dei Safari: si parte la mattina all’alba con dei colori incredibili ed un grandissimo regalo, il nostro primo rinoceronte! A seguire una famiglia di elefanti, una famiglia di leoni (due cuccioli compresi), tantissime zebre e giraffe, anch’esse con cuccioli al seguito. Pranzo, meritato riposo e siamo pronti per un’altra uscita, questa volta pomeridiana con bonus tramonto immersi in un paesaggio surreale, e cin cin con l’ottima birra locale (di cibo e bevande ne parliamo dopo).
Delle due notti e un giorno e mezzo in questo posto meraviglioso conservo uno dei ricordi più belli dell’intera esperienza, è il primo posto in cui consiglierei a tutti di recarsi qualora mi chiedessero un consiglio sulla Namibia ed è anche quello a cui ripenso adesso con più “mal d’Africa”.
Il tour non si ferma affatto, ci aspetta una lunghissima traversata per trasferirci nella zona del Damaraland. Sono “solo” 260 km per arrivare all’Ozondjou Tented Camp e prendere possesso delle nostre splendide tende luxury (hanno anche il bagno interno, bisogna solo fare attenzione all’acqua calda che va richiesta, essendo scaldata direttamente dai pannelli solari e soggetta ad esaurimento), qui pranziamo e poi partiamo per una delle avventure più incredibile del tour (la mia schiena se lo ricorda ancora), piuttosto faticosa a livello di ore trascorse sulla Jeep, ma assolutamente ripagata per i paesaggi visti e soprattutto per la scoperta e il contatto ravvicinato con gli elefanti protetti di quest’area. Il paesaggio del Damaraland è completamente diverso da quello visto fino a quel momento, dune rosse e arancio ne vediamo ancora, ma c’è anche una improvvisa ed inaspettata vegetazione, nei pressi dell’Ozondjou infatti scorreva un fiume, ora secco, ma sotto terra c’è tantissima acqua…la Jeep sfreccia in quello che era il letto del fiume. Potrebbe riempirsi di nuovo? Chissà, forse un giorno, ci vorrebbe una torrenziale pioggia.
Dopo l’incontro (nuovamente molto ravvicinato) con gli elefanti che qui vivono protetti da un’associazione locale, è il momento della cena e della notte in tenda. La mia prima notte insonne namibiana a causa di un rapporto poco felice con le scimmie urlatrici. Erano molto lontane, ma la sensazione era di averle molto vicine (sarà una questione di abitudine, e me ne accorgerò poi la notte seguente). Di buon mattino è il momento di spostarci per la visita alle attrazioni più famose del Damaraland: a Twyfelfontein e Spintzkoppe si possono visitare siti preistorici con alcune pitture e incisioni rupestri molto affascinanti e finalmente, dopo giorni seduti sulla Toyota o sulle Jeep è il momento di camminare un po’ e sgranchire le gambe. Dopo pranzo è la volta della Petrified Forest, una zona molto ampia cosparsa di tronchi pietrificati che giungono a misurare fino a 34 metri di lunghezza e 6 metri di circonferenza. Si calcola che abbiano all’incirca 260 milioni di anni. E poi ancora la formazione geologica del Burnt Mountain, l’affioramento di roccia vulcanica nominata Organ Pipes, che sembra realmente un organo prodotto dalla natura. Un’altra notte all’Ozondjou Tented Camp (questa volta con un rapporto più amichevole con i babbuini) e siamo pronti a ripartire. Ci spostiamo sulla costa per una parte del viaggio che attendiamo con estrema curiosità…
Cape Cross – Swakopmund
I chilometri previsti per oggi sono 250 e sappiamo anche che ad un certo punto incontreremo di nuovo una strada asfaltata dopo diversi giorni, e infatti ci arriviamo poco prima di raggiungere Cape Cross. La sosta in questa baia è dovuta alla presenza di una colonia di più di 100.000 otarie.
Mi ero informata molto in proposito: il trucco è scendere dall’auto dopo essersi messi vicino alle narici un pizzico di balsamo di tigre e una sciarpa davanti alla bocca: il motivo è presto spiegato, la baia piena di otarie, per quanto estremamente bella e impressionante, ha un odore molto molto forte. Un mix che non saprei ben descrivervi se non citando pesce, urina, salsedine. Sono più di 100.000! Tirate un bel respiro e scendete dall’auto, lo spettacolo che troverete davanti ai vostri occhi vi ricorda che la natura è davvero incredibile. Le potrete osservare da vicino grazie ad un percorso su passerella in legno creato apposta, va da sé che non vadano né disturbate, né nutrite in alcun modo. Io mi sono limitata a scattare tantissime foto delle loro pose buffe e registrare qualche video dell’incredibile rumore che fanno, il verso è un mix tra il belato e il nitrito e può raggiungere punte acustiche non indifferenti.
Si riparte da Cape Cross per raggiungere Swakopmund, città portuale, nata nel 1892, colonia tedesca. E infatti si riconoscono tratti tipici dell’architettura germanica: dopo giorni immersi nella natura è stato quasi uno shock. Siamo in Namibia o a Monaco?
La città è molto ben curata, è una cittadina balneare utilizzata come meta vacanziera dagli stessi namibiani, grazie alla presenza di tante belle spiagge, negozi e ristorantini di pesce fresco (ostriche, grande specialità, ad un prezzo decisamente accessibile rispetto a quanto non siamo abituati in Occidente). Avendo un pomeriggio libero io e Alessandro abbiamo fatto una passeggiata sul lungomare arrivando fino al punto più estremo del porto, vento fortissimo a parte uno spettacolo imperdibile. Sulla via del ritorno in Hotel ci siamo fermati al mercato artigianale, che si svolge tutti i giorni. Mercanti di varie tribù ed etnie espongono le loro merci direttamente su grossi teli per terra. Qui si può trovare a prezzi decisamente più convenienti rispetto ai vari negozi di souvenir, specialità locali e manufatti. Come in tutti i mercati è buona norma contrattare, cercando di non lasciarsi “fregare”, o facendo finta di non farlo. Ricordate che il valore della moneta namibiana rispetto agli euro è davvero irrisorio. Abbiamo comprato una bellissima ciotola in legno intarsiata a mano (che ora campeggia nel nostro soggiorno e usiamo come svuotasche), due portachiavi intagliati a mano sulla base del nocciolo di un frutto locale (li usiamo tutti i giorni) e in aggiunta io ho acquistato alcuni braccialetti e collanine di perline da portare alle amiche e alle colleghe. Come in tutti i mercati non occidentali è necessario avere pazienza, non innervosirsi e cercare di interagire con i mercanti locali in modo pacifico, li troverete insistenti a tratti, quasi molesti, ma non dovete prenderla così, è il loro approccio al mercanteggiare ed è semplicemente diverso dal nostro.
Cena nello splendido Hotel in cui abbiamo soggiornato (sembrava il palazzo della principessa Sissi), ovvero Hansa Hotel **** e di corsa a nanna perché il giorno successivo sarà piuttosto stancante.
Walvis Bay – Sandwich Harbour
La prima tappa della mattina è Walwis Bay. Se qualcuno conosce la mia fissazione per i fenicotteri può immaginare che ero pronta e carica con due batterie per la macchina fotografica e ben due batterie esterne per il telefono. La sosta è stata troppo breve per i miei gusti, ma sono ugualmente riuscita a scattare circa 232 foto. Immaginate una nuvola rosa sullo specchio d’acqua di una laguna blu.
Si prosegue con la nostra Toyota fino al punto di partenza delle escursioni a Sandwich Harbour, qui è obbligatorio proseguire con un ranger specializzato: non si può infatti entrare da soli, è vietato perché si tratta di strade a metà tra il deserto e il fango lagunare (sabbie mobili), il rischio di rimanere bloccati se non si conoscono le traiettorie è elevatissimo. Nella prima parte del tragitto si possono ammirare le saline, l’acqua che circonda lo stabilimento è rosa, e non per qualche strano agente chimico, ma grazie alla conformazione del territorio. Il deserto qui si incontra con l’oceano e lo spettacolo che ci troveremo davanti agli occhi pochi minuti dopo è davvero qualcosa di unico al mondo.
Immaginate di camminare su una duna, arrivare in cima e trovare il blu dell’oceano e i gabbiani.
Incastonata tra il mare e le dune del Namib, la laguna di Sandwich Harbour è formata da infiltrazioni di acqua dolce dall’acquifero sotterraneo. In questo scenario incredibile ci si ferma per pranzo, i ranger non si sa nemmeno bene da dove, riescono a tirare fuori dalle loro 4×4 tutto il necessario per allestire un pic-nic a 5 stelle, con tanto di ostriche e spumante. E così abbiamo brindato alla bellezza della natura e al surreale pranzo.
(Prevengo domande: siamo comunque in mezzo al deserto, non ci sono bagni, non ci sono punti di ristoro, niente di “civilizzato”. Le escursioni durano in media 4-5 ore).
Stravolti ma entusiasti rientriamo in Hotel a Swakopmund per ultima cena e notte in questa adorabile cittadina, la mattina sucessiva prevista partenza per il Deserto del Namib, non prima di essere riusciti a fare qualche altro acquisto local approfittando del fatto che fosse lunedì (nel weekend troverete la maggior parte delle attività chiuse in Namibia, oppure chiuderanno molto presto).
Deserto del Namib – Sossusvlei
Il trasferimento verso il Deserto del Namib è lungo, si tratta di circa 340 km e ben presto le strade asfaltate di Swakopmund e dintorni diventano un lontano ricordo. Ma i paesaggi, cari lettori, i paesaggi di questo lungo transfer sono stati incredibili. Qualche sosta lungo la strada per ammirarne i grandi contrasti: dune, gole rocciose e vaste pianure di ghiaia. Viaggiando verso sud si attraversa la “Valle della Luna” e si scende nel Kuiseb Canyon per attraversare il Tropico del Capricorno (immancabile foto ricordo). In quest’area la vegetazione non è lussureggiante – solo pianure e montagne scintillanti, letteralmente. Nell’area antistante al famoso cartello del Tropico del Capricorno abbiamo potuto ammirare delle rocce “diamantate” che risplendevano di colori diversi con i raggi del sole, davvero incredibile. Inoltre viaggiando attraverso il Namib si possono incontrare le specie del deserto come l’orice, Springbok, struzzo e la rara Hartmann Mountain Zebra (che non abbiamo avvistato sfortunatamente). Arrivo a pomeriggio inoltrato nel più incredibile dei lodge di tutta la vacanza: Desert Hills Lodge **** si trova perfettamente “incastonato” in una parte rocciosa del deserto, non capisci che sei di fronte ad una costruzione umana fino a quando non ti avvicini abbastanza per scoprirlo. Tentativi di bagno in piscina e foto al tramonto: abbastanza failed, l’inverno namibiano, dopo una certa ora del pomeriggio si fa sentire e l’acqua è davvero gelata. Ci si consola con un aperitivo a bordo piscina a base di birra local.
La mattina successiva la sveglia è letteralmente all’alba, lo scopo è essere entro le 7 del mattino all’ingresso dell’area di Sossusvlei, per evitare di fare coda, di incontrare troppi turisti, ma anche e soprattutto per evitare eccessivo caldo (che comunque patiremo un po’).
Il primo mattino è il momento migliore per esplorare le dune, la luce morbida offre eccellenti condizioni fotografiche, mentre il sole nascente crea profondità e contrasto. Quando termina la strada continuiamo la nostra esplorazione delle dune a piedi. E qui è certo che ci vogliono buone gambe, camminare sulle dune è faticoso perché i piedi affondano nella sabbia e bisogna trovare il proprio equilibrio di camminata. Il paesaggio che vedrete è incredibile, circondati da dune di tutte le sfumature possibili dal giallo all’arancione. Un bianco/sabbia che si apre all’improvviso e fa da base agli alberi camelthorn morti: si tratta del letto di un lago salato ormai arido, immenso, chiamato Deadvlei. Qui ci si può scatenare a livello fotografico, per gli appassionati, perché gli scheletri degli alberi creano incredibili giochi di ombre. É di sicuro uno dei luoghi più fotografati della Namibia. Prima di tornare al lodge esploriamo il Sesriem Canyon camminando nel letto di quello che molto probabilmente secoli fa era un fiume, spruzzi di vegetazione e piccoli rettili fanno da compagnia lungo il cammino. Secondo pomeriggio di relax e cena al Desert Hills Lodge ****.
Deserto del Kalahari
Nuova mattina, nuovo trasferimento, destinazione Deserto del Kalahari, 310 km circa con nuovi paesaggi da scoprire. Il Kalahari offre un’ambientazione ancora diversa, qui a fare da padrone è il colore rosso delle dune, il vento si fa sentire, ma qua e là ci sono incredibili esplosioni di vegetazione dovute a corsi d’acqua sotterranei. È una terra arida, ma non lo sembra, ricca nuovamente di animali, e infatti, poco dopo il nostro arrivo al Kalahari Anib Lodge**** siamo pronti per il nostro ultimo Safari namibiano, rivediamo tutti i nostri ormai fedeli compagni di viaggio, zebre, giraffe, orici, struzzi. Ci fermiamo in cima ad una duna per l’immancabile aperitivo organizzato dal ranger in una zona sicura e ci godiamo il penultimo tramonto namibiano: senza ombra di dubbio il più bello di questa avventura, anche se come avrete avuto modo di capire dalle foto presenti in questo post, è davvero difficile scegliere.
Windhoek – Naankuse Lodge****
Per il nostro ultimo giorno in Namibia salutiamo alcuni dei compagni di viaggio che ci hanno accompagnati in questa avventura e ci dirigiamo soli verso il Naankuse Lodge****, altra incredibile struttura, a soli 30km dall’aeroporto di Windhoek. Qui trascorremo l’ultima giornata. Il lodge è un istituto di ecoturismo senza fini di lucro, dove tutti i profitti vengono reinvestiti per sostenere progetti di beneficenza nell’ambito della Fondazione Naankuse. Ci sono moltissime attività organizzate tra cui scegliere, ma noi siamo fortunati, per un disguido sulle camere abbiamo avuto una gigantesca villa (da 8 persone) di cui usufruire in totale solitudine, in mezzo al parco e scegliamo il relax più totale con una vista incredibile dal terrazzo e i rumori degli amici animali in sottofondo.
Si conclude così la nostra avventura in Namibia, il piano originario di viaggio avrebbe previsto la mattina seguente due voli interni per raggiungee lo Zimbabwe e le Victoria Falls. Purtroppo non sempre i progetti di viaggio, specie in terre così remote, vanno come devono andare e dunque a causa di voli bloccati da una rivolta in Niger, siamo costretti a tornare a casa in anticipo di 4 giorni. Passato l’amore in bocca iniziale di questa esperienza straordinaria rimane sulla pelle ogni singola sensazione provata, personalmente è stata la primissima volta nella vita in cui io mi sia sentita così in connessione con la Natura, con un rispetto profondo per essa.
Grazie Namibia! (Alle Victoria Falls non abbiamo rinunciato, ci torneremo, è una promessa)