Messico: alla scoperta di Chiapas e Yucatan

Alla scoperta di Chiapas e Yucatan con un itinerario di due settimane che permette di confrontarsi con due volti dello stesso paese, estremamente diversi tra loro. Quando abbiamo deciso di andare in Messico lo abbiamo fatto, come sempre, con quel filo di inconsapevolezza che fa da motore all’informarsi sul Paese, i suoi usi, costumi, tradizioni e caratteristiche. Cercando di aprire la mente, non farsi condizionare dalle esperienze altrui e, soprattutto, cercare di tenersi lontani dai “luoghi comuni” (sia in senso figurato, che non).

CHIAPAS: COSA VEDERE

Il nostro arrivo in Messico è iniziato con tante ore di volo. E questo dovete metterlo in conto, noi abbiamo fatto un solo scalo a Madrid (quindi da Milano significa 2 ore di volo + 12 ore Madrid-Cancun), non ci sono tantissime compagnie che volano sul Messico, ma la più economica è di sicuro AirEuropa, che, infatti, è quella con cui abbiamo volato noi. E da cui non dovete aspettarvi un servizio a 5 stelle. Non vorrei risultare scoraggiante, ma è meglio saperlo, per quanto la vita in Messico, anche per il turista, non sia affatto cara (o almeno non ovunque), i voli sono sicuramente una quota importante che incide sul budget finale: insomma per non far lievitare i costi, a qualcosa bisogna rinunciare. Dicevamo, atterraggio su Cancun nel tardissimo pomeriggio e prima immersione nel traffico cittadino per raggiungere l’Hotel. È la classica notte “di passaggio”, perché l’indomani ci attende un volo interno per raggiungere Tuxtla Gutierrez e di conseguenza lo Stato del Chiapas, l’ultimo e più importante, avamposto Maya del mondo. Da lì con un transfer raggiungeremo poi San Cristobal de Las Casas, nostra base per 5 giorni alla scoperta delle bellezze dei dintorni.

All’arrivo abbiamo sperimentato subito l’impatto con la realtà: il Messico è un paese enorme, le grandi città (ma anche quelle medie) sono iper popolate, il traffico è intenso e i mezzi di trasporto non proprio all’avanguardia. Ed è così che poche ore dopo l’atterraggio ci troviamo a spingere, insieme ai nostri amici, il pulmino fermo in mezzo al parcheggio di un centro commerciale (in cui ci eravamo fermati per fare le SIM locali e qualche provvista alimentare). Non ci scoraggiamo e, anzi, ne ridiamo molto, determinati a raggiungere la prima tappa della giornata, ovvero il Cañón del Sumidero. Prima di imbarcarci e navigarlo, vogliamo farci mancare la vista dall’alto? Direi di no, infatti esistono 5 miradores, in italiano “punti di osservazione”, che si estendono a varie altezze nella montagna antistante il Cañón: da qui ci si rende conto della profondità dello stesso (circa 1.000 m nel punto più alto) e si possono portare a casa i primi scatti naturalistici mozzafiato della vacanza. Tutti intenti all’inquadratura perfetta e…non ci accorgiamo per poco che il pulmino non solo non parte più, ma ha anche problemi al freno a mano. Con non poche difficoltà, un blocco totale in mezzo al traffico di Tuxtla Gutierrez e dei taxi da chiamare all’ultimo momento, riusciamo a raggiungere in tempo l’imbarcadero per avventurarci nella navigazione del Cañón del Sumidero. Questa, ve lo dico, è un’attività turistica “per eccellenza” che, se non volete pagare inutilmente molto di più, farete insieme ad altri turisti di tutto il mondo e senza grandi spiegazioni da parte delle guide. Con gli anni si sono adeguati ad uno standard di spiegazioni che corrisponde, purtroppo, a quello voluto della maggior parte dei turisti, dunque poche informazioni, qualche battuta goliardica sulle varie nazionalità, tante soste per scatti ricordo. Detto questo l’esperienza è interessante, navigando al centro ci si rende conto della maestosità del Cañón del Sumidero e anche della fauna che lo popola (coccodrilli in primis, ma anche scimmie, varie tipologie di volatili, tartarughe, iguane…). Mentre rientravamo all’imbarcadero ecco la prima sorpresa meteo della vacanza: una bella scrosciata tropicale, di quelle per cui non c’è tela cerata che tenga – “ecco il rischio di andare in Messico ad Agosto!” – abbiamo pensato, anche se, a dire la verità, siamo stati molto fortunati – e così, bagnati fino al midollo, abbiamo sperimentato come da bagnati fradici, con quel tipo di clima, nel giro di 20 minuti, smesso di piovere, sei completamente asciutto di nuovo.

Lasciato l’imbarcadero e recuperato il pulmino (nel frattempo sostituito) ci siamo diretti verso Chiapa de Corzo, città di circa 40.000 abitanti, anche se, visitando il centro storico, si ha più la sensazione di un piccolo paese. La piazza centrale, con la splendida chiesa, la fontana, i portici sotto cui tantissime botteghe artigianali espongono i loro prodotti e il mercato, un caotico assembramento di bancarelle che vendono frutta e verdura, pollame e saranno una sola piccola anticipazione dei mercati che vedremo più avanti in questo viaggio. Le vie che si snodano intorno al centro sono per lo più residenziali, piene di casette con le facciate colorate, i tetti piatti con terrazzini affollati, murales celebrativi (o di denuncia) della storia messicana a nascondere quel senso di “dismesso ordinato” che mi capiterà più volte di sentire sulla pelle in questa avventura. Parcheggiate sui bordi delle strade auto che sembrano uscite da un film anni ’70 e loro, gli abitanti che parlano, urlano, cantano in strada e ti chiedono da dove vieni, perché no, in Agosto di turisti non se ne vedono poi così tanti.

È già quasi sera quando finalmente arriviamo a San Cristobal de Las Casas, città coloniale incredibilmente bella e affascinante, da anni ormai meta di “pellegrinaggio” di tanti nomadi digitali, che scelgono di vivere e lavorare online da qui, compresi molti italiani: il clima incredibile tutto l’anno, la vivacità dei locali, del suo famoso mercato, delle attività commerciali, la rendono quasi più “europea” che messicana. Ma è solo un’impressione fugace, perché in realtà c’è tantissima storia del Messico tra queste vecchie mura. Prendiamo le nostre stanza all’Hotel Grand Maria, hotel che consiglierò a tutti, sempre, per un soggiorno a San Cristobal, per l’ottimo rapporto qualità prezzo, la posizione centrale comoda per muoversi a piedi, la bellezza e particolarità della struttura, ricavata da una vecchia casa di corte coloniale e la gentilezza dei proprietari. La prima cena, insieme ad altri viaggiatori italiani appena arrivati da Città del Messico trascorriamo la prima serata tra piatti tipici, un chitarrista e cantante dall’età indefinibile a cantarci in sottofondo canzoni tradizionali e anche qualche giro di mezcal, la particolare tequila messicana che sarà la nostra buona notte per diversi giorni a venire.

A San Cristobal de Las Casas sono tante le cose da vedere, e il giorno seguente ci attende una visita guidata a piedi con Nicoletta Giuliodori, una vera istituzione qui a San Cris. Nicoletta è italiana ma si è trasferita in Messico più di 20 anni fa e qui è rimasta, a promuovere un turismo sostenibile, ad aiutare e sostenere le popolazioni indigene Maya, le donne in primis. Girare la città con Nicoletta è come essere travolti due volte, dai racconti effettivi sulla città e dai suoi, della sua vita qui, delle difficoltà incontrate ma anche delle grandi soddisfazioni. Come sempre quando incontro una grande personalità femminile mi lascio trasportare. Sono poche le donne che ammiro, ma quando le ammiro, è un’ammirazione profonda. Siamo partiti dal centro di San Cristobal, Plaza 31 de Marzo, per proseguire con la Cattedrale, L’Arco de El Carmen principale accesso al centro abitato, Il Templo de Santo Domingo la Chiesa più bella della città, attorno alla quale ogni giorno prende vita il Mercat Principal, ovvero un gigantesco mercato, in parte a cielo aperto in mezzo a vie e viuzze e in parte al chiuso. Camminando tra i banchi abbiamo scoperto frutta e verdura mai viste prima, e anche la strana passione messicana per mostrare i polli spennati interi e ordinati simmetricamente sui banchi (non un bellissimo spettacolo, a dire il vero, ma per loro è normalità). Tantissimi i banchi in cui acquistare incensi, fiori e altri oggetti utilizzati per riti votivi. La relgione a San Cristobal, e in Chiapas in generale, è cattolica, ma si fonde con le tradizioni Maya e i riti di un tempo – pochi giorni dopo lo capiremo meglio a San Juan Chamula.

Scopriamo anche il museo dell’ambra e un enorme negozio in cui ne raccontano la storia, l’estrazione e la lavorazione. L’ambra è stata una delle merci di scambio più importanti per San Cris durante l’epoca coloniale, ma anche prima, e ai giorni nostri. Verso fine giornata saliamo (sì, è una salita abbastanza impegnativa) al Cerro de Guadalupe, collina su cui sorge la Iglesia de Guadalupe. Da qui si gode di uno splendido panorama della città, e si può anche osservare all’interno una particolarissima statua di Gesù…con i rasta. Come vi dicevo le commistioni e le credenze religiose da queste parti subiscono varie influenze. Un’altra splendida vista della città la si ha dalla Iglesia de San Cristobal, anche qui per arrivare la salita non è agevole (700 gradini, considerati di “espiazione”),ma ne vale assolutamente la pena, e una volta riscesi ci si può fermare per un dolcetto ristoratore al Mercado de Dulces, come dice il nome stesso qui troverete dolci e prelibatezze tipiche da assaggiare come street food (in barba alle calorie).

Potrei scrivere per ore di San Cris, e dunque è forse il caso che vada avanti a raccontarvi le altre tappe in Chiapas, molte delle quali le abbiamo fatte in realtà soggiornando proprio qui e spostandoci in giornata. Va fatta una premessa; Chiapas può voler dire proteste popolari/politiche, la maggior parte pacifiche, ma che possono creare dei gravi disagi in quanto intere strade, crocevia di passaggio, vengono bloccate dai manifestanti che creano dei veri e propri villaggi e possono andare avanti anche giorni se non settimane a impedire ogni via di accesso a auto, bus turistici, ma anche camion con rifornimenti di beni primari. È quello che ci è successo la mattina in cui saremmo dovuti andare alle Cascate el Chiflon, a cui, infatti, non siamo mai arrivati. Il famoso “blocco stradale” era proprio davanti ai nostri occhi, con chilometri di coda e tantissimi camion e auto fermi in attesa, apparentemente con pazienza, come se ci fossero abituati. Il nostro autista Ramon ci ha invitati a camminare per circ 3KM fino al punto di blocco per vedere con i nostri occhi che non c’è “nessuna violenza in atto”, e così, con qualche timore e preconcetto residuo, ci siamo incamminati, mentre lui ci raccontava le motivazioni politiche di questo blocco. Arrivati al punto clou ci ha consigliato di non fare foto e non fare troppe domande, abbiamo fatto un giretto in questo villaggio improvvisato letteralmente in mezzo alla strada. Qualche camper parcheggiato, casette in paglia, normali attività quotidiane, da chi cucinava a chi tagliava la canna da zucchero per ricavarne una nota bevanda locale. I capi del movimento seduti vicino all’ingresso del “checkpoint”. In effetti per quanto abbiamo potuto vedere noi si trattava di una protesta pacifica, un qualcosa che culturalmente ci è così distante da risultare comunque complesso da comprendere. Girati i tacchi e scambiato qualche sorriso ci siamo diretti verso il piano B della giornata, ovvero la visita alle Grutas de Rancho Nuevo, un parco ecoturistico la cui attrazione principale sono le grotte, appunto, che si estendono in profondità e in cui osservare stalattiti e stalgmiti che nei secoli hanno formato un’architettura vera e propria. Dalla delusione per non essere potuti andare alle cascate, ad una nuova avventura non prevista e dunque per questo eccitante! L’area del parco, poi, è organizzata con tante altre attività all’aria aperta adatte anche ai bambini e una zona ristoro con diversi stand street food di cibo tipico messicano. Da qui siamo rientrati a San Cris, che dista solo 10Km, e ci siamo goduti un altro tramonto nella città del pueblo magico.

La mattina seguente è la volta di una nuova avventura di stampo socio-politico: destinazione Oventic (o Oventik che dire si voglia), la celebre comunità zapatista. C’è chi dice che non sia difficile entrare una volta che un taxi o un autista ti lasciano davanti al cancello Caracol1, io vi posso dire che siamo entrati dopo circa una mezz’ora di controlli. Abbiamo compilato un foglio con i nostri nomi e cognomi, numeri di passaporto, ci hanno chiesto che lavoro facessimo in Italia. La parte della Comunità visitabile è limitata ad alcune parti comuni, quelli delle scuole, del centro medico, della sala hobby/teatro, il tutto ovviamente da fuori e per ammirare principalmente gli splendidi murales che hanno fatto il giro del mondo. Ogni tanto camminando ti senti “spiato” e con ogni probabilità qualcuno che ti guarda dalle finestre c’è. Gli unici rappresentanti “a volto scoperto” sono due ragazzi di circa 17 anni che ci “accompagnano” in giro, ma no, non rispondono ad alcuna domanda, se non molto evasivamente. Io, pur affascinata, mi sono sentita “di troppo” per buona parte della visita, per poi rilassarmi quando finalmente abbiamo incontrato nel piccolo negozio della comunità un rappresentante di vecchia data che ci ha raccontato molto della storia di questa comunità. Spiegare Oventic e la comunità zapatista richiederebbe un post a sé (se lo desiderate posso scriverlo), dunque intanto vi invito a documentarvi a questo link, un interessante articolo che ben racconta la nascita del movimento e la creazione della comunità fondata dal comandante Marcos.

Da Oventic ci siamo spostati a San Juan Chamula, dove le emozioni, al posto di raffreddarsi, si sono amplificate. San Juan Chamula è una tranquilla cittadina, famosa prevalentemente per la sua Chiesa. Chiesa nata come di confessione cattolica (all’epoca colonica), ma ad oggi sconsacrata e di fatto luogo per eccellenza in cui si pratica sincretismo religioso. A quella che noi occidentali conosciamo come “religione cattolica” in un senso di devozione ai Santi o ai personaggi biblici, si uniscono riti di tradizione folcrolistica, pagana, Maya addirittura. Nella Chiesa, in cui si può entrare ma sono severamente vietate foto e riprese, si svolgono numerosi sacrifici animali (galline principalmente), le famiglie si riuniscono qui per pregare ed espletare riti misti, nella maggior parte dei casi con lo scopo di ricevere la grazia per un malato. Anche in questo caso, entrare ed osservare, annebbiata dall’odore di incenso, polvere, la paglia per terra con voci cantilenanti di sottofondo, è stato abbastanza straniante. Così come la mattina mi ero sentita “di troppo”, ecco di nuovo quella sensazione del “ma con che diritto sono qui a guardare?”. Solo più tardi mi sono data una risposta, ovvero che guardare con curiosità rispettosa, rappresenta l’unica strada che abbiamo, non dico per comprendere appieno, ma per accettare, prendere atto, informarsi. E il senso di “disagio” fa parte della curiosità buona e non della curiosità morbosa.

È ormai primo pomeriggio quando riusciamo ad arrivare a Zinacantan e nello specifico a casa di Antonia, una delle “donne coraggio” in Chiapas, che ha aperto per prima la sua casa al turismo, per far conoscere le tradizioni artigiane e non della zona e dare lavoro a numerose altre donne che ne necessitano. La comunità che ha creato si chiama Artesania Tonik, qui abbiamo mangiato prima di tutto le tortillas più buone di tutta la vacanza, cotte su una particolare pietra riscaldata e dal colore più grigio che beige/bianco, riempite a piacere di tanti ingredienti a nostra scelta, dal più al meno piccante, in particolare un formaggio di capra che mai scorderò nella vita per la sua bontà. Intorno a noi una decina di ragazze si dedicano alla tessitura con metodo tradizionale, creando abiti, coperte, borse, oggetti per la casa. Il telaio ha una forma e utilizzo particolare che costringe a stare a terra inginocchiati, i turni sono alternati per permettere un po’ di riposo e non è raro che con le ragazze ci siano i loro bimbi, che vengono coccolati e intrattenuti a turni dalle compagne. Questo luogo è stato quello in cui io e Alessandro (all’epoca non ancora marito, ma già promessi sposi), abbiamo avuto il nostro “matrimonio messicano”, ci hanno infatto vestiti con gli abiti tradizionali della sposa e sposo di Zinacantan, cogliendo l’occasione per raccontare a noi e ai presenti come si svolge un matrimonio da queste parti. Questa esperienza è sicuramente una di quelle che mi è rimasta nel cuore e consiglio a chiunque sia nelle Chiapas di andare a trovare Antonia e la sua grande famiglia.

Ultima notte a San Cristobal, con la nostalgia già altissima, ma la consapevolezza che dall’indomani avremmo cambiato drasticamente clima e saremmo scesi di quota, dai 2.000m e freschino di San Cristobal, al caldo afoso dello Yucatan.

IN VIAGGIO VERSO LO YUCATAN

L’obiettivo del primo giorno di ripartenza è arrivare a Palenque, con una sosta di mezza giornata alle famosissime Cascadas de Agua Azul e a seguire a quelle di Misol-Ha. Le prime, bisogna dirlo, non promettono grandi emozioni in agosto, quando la stagione delle piogge le trasforma in acque marroni, più che azzurre. Ci vuole un certo sforzo di immaginazione, ma sono comunque imponenti e impressionanti da vedere, offrono inoltre un primo spaccato di vita del posto, cambia il mood rispetto alla prima settimana in Chiapas e la conferma arriva anche all’arrivo a Palenque, qui troviamo un’atmosfera cittadina diversa, più vicina ai giorni nostri, con tanti locali, tanto divertimento, musica per le strade, e la prima sera scorre così, in un locale di musica dal vivo a scoprire quali siano le hit locali (posso confermare, comunque, che ancora oggi Eros Ramazzotti e Gianluca Grignani, in Messico, vanno per maggior rappresentanza italiana!). La mattina successiva la dedichiamo al vero motivo per cui ci si ferma a Palenque, ovvero la visita al sito archeologico di rovine Maya, il secondo del Messico (al primo posto ci sono infatti Chichén-Itza e al terzo Tulum, arriveremo anche qui, nei prossimi giorni). Al di là del forte caldo la visita scorre piacevolmente con una guida molto piacevole e divertente, non solo storia ma anche tanti annedoti. Iniziamo a renderci conto dell’enormità delle opere compiute dai Maya, affascinanti al pari delle “rivali” egiziane.

La giornata prosegue con l’intento di trovare un buon luogo per un pic-nic e un primo bagno, ed è così che raggiungiamo le Cascadas Roberto Barrios. In questa oasi naturale si susseguono delle cascate a terrazzamenti, l’acqua è cristallina e sono balenabili, sicuramente una delle sorprese più inaspettate di questo viaggio. Bagnati per bagnati ci becchiamo un altro bello scroscio tropicale e solo una rapida doccia ci separa dall’avventura del bus notturno, per cercare di recuperare un po’ di tempo sul tragitto. Si tratta di un viaggio di circa 8 ore, su bus turistico (noi abbiamo preso quello standard, dove si sta seduti, ma ne esistono anche di più luxury dove ogni sedile si trasforma in una sorta di lettino). Le 8 ore più lunghe della mia vita, mentre tutti dormivano e io, in preda al gelo dell’aria condizionata, mi sono appisolata per pochi e scarsi minuti. Il disagio, però, lo si sopporta volentieri, perché la destinazione è Bacalar, ridente località che si affaccia sulla celebre Laguna 7 colores. Ora sì che ci sentiamo in Yucatan ragazzi, la laguna è uno dei posti più belli che io abbia mai visto in Messico nonché la tappa che assolutamente consiglio di rendere irrinunciabile quando progettate un itinerario da queste parti. I 7 colori della Laguna esistono davvero, dal blu più scuro, quasi nero, all’azzurro più limpido, come se fosse Mar dei Caraibi, di acqua dolce.

La mattina dopo, con il sonno che mi è sembrato il più ristoratore del mondo, inizia il nostro “tour dei Cenotes”, ne visiteremo diversi, ma iniziamo dai due più celebri: Cenote Hacienda Oxmán e Cenote Saamal, un cratere con l’acqua azzurro bottiglia il primo, e un cratere con l’acqua azzurro cristallina il secondo. Entrambi sono balenabili, con delle regole, e con la possibilità di saltare e tuffarsi in modalità “Tarzan” (ci ho provato anch’io, con scarissimi risultati ateltici, ma sicuramente molte risate). L’indomani è il turno di Chichén-Itza, la visita ad una delle 7 meraviglie del mondo porta via almeno mezza giornata, consiglio di farla guidata perchè si comprende molto meglio come orientarsi, oltre che la storia e le curiosità su questo luogo assolutamente fuori da ogni logica umana, per i tempi a cui risale. Il parco intorno alle rovine durante la giornata va riempiendosi di mercanti e artigiani di ogni genere, da cui farsi raccontare storie e leggende e finire per acquistare maschere in legno tradizionali che ancora oggi sono in bella vista in casa nostra (eccomi, presente, io agli artigiani non resisto!). Pomeriggio di relax tuffandoci in un altro Cenote, Ik Kil e da qui raggiungiamo di nuovo Cancun dove passeremo serata e notte in un divertente ostello, lezione di salsa inclusa.

La mattina successiva, sotto il diluvio che poi si aprirà in uno splendido sole, raggiungiamo le Rovine Maya di Tulum, a strapiombo sull’oceano (hai capito i Maya che buongustai!): questo è stato in assoluto il sito archegologico più bello e variegato di tutti quelli visti, a mio personalissimo parere. Certo, non imponente quanto Palenque o Chichén-Itza, ma di sicuro quello con il paesaggio di contorno che più rimane impresso per colori e vivacità. Dopo aver riempito di scatti la reflex e ora di mettersi in macchina per raggiungere il porto, ci imbarchiamo per l’ultima parte dell’avventura, finalmente ci attendono mare caraibico e relax in quel di Isla Mujeres.

ISLA MUJERES

In 20 minuti di traghetto veloce da Cancun si raggiunge questa incredibile quanto piccola isola caraibica, amata e frequentata tanto dai locals quanto dai turisti americani (che qui vengono anche solo per un weekend e come dar loro torto!). Isla Mujeres significa Isola delle Donne, e il motivo è presto spiegato: nella parte meridionale della stessa furono ritrovate centinaia di statue raffiguranti donne, nello specifico dedicate alla divinità Maya Ixchel, i cui resti del tempio sono visibili e visitabili ancora oggi. Per il resto l’isola è molto tranquilla, il nucleo principale del paese, con ristorantini e negozi, si sviluppa alle spalle della spiaggia più grande e nota dell’isola, ovvero Playa Norte. Noleggiano ovunque dei risciò a motore con cui girare ogni angolo dell’isola ammirando paesaggi e fermandosi a fare il bagno nelle altre spettacolari spiagge che punteggiano l’isola. Snorkeling, cerveza alla mano e occhi pronti a godere tanto del blu cristallino del mare quanto dei tramonti incredibili sull’oceano la sera, quelli in cui capisci definitivamente il senso di dedicare una canzone al Messico e alle sue nuvole. La Isla, se non si fosse capito, mi ha rubato il cuore, con le sue casette colorate, la musica dal vivo, le persone festanti, i matrimoni celebrati sulla spiaggia, i pesci colorati, le iguane libere in ogni angolo, il pesce fresco e la guacamole più buone del mondo. Un saluto già ricco di nostalgia ad un Messico in cui spero di tornare presto, per visitare “l’altro volto” (sogni in wishlist?: partire da Città del Messico per i Dias de los muertos).

Contattami per organizzare insieme il tuo tour in Messico, o anche una vacanza relax all’insegna del buon cibo e del mare caraibico!

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